L’estasi nell’ascolto di musica magica
«È una musica che sembra venire da uno spazio extra umano» proseguì il ragazzo, quasi in preda a esaltazione mistica, «ti avvolge l’anima, ti accarezza il cuore. Se l’ascolti con intensità, lasciando che cuore e cervello si uniscano, ti sembra che una mano possente ti prenda dal suolo e sollevi per aria, facendoti provare l’ebrezza del volo; veleggi tra nuvole e cielo, ti sembra che nulla possa ferirti; ti distanzia dal mondo terreno, ti senti in alto, su, immerso in spazi infiniti.»
Quelle parole non tranquillizzarono Gianni; gli sembrò che l’amico avesse uno sguardo allucinato negli occhi che non riconosceva; sembrava in preda a sentimenti e sensazioni che nessuno avrebbe potuto né comprendere né, meno che mai, condividere.
Sentì crescere il disagio in lui in proporzione al fervore dell’amico, sempre più preda di agitazione interiore, in contrasto con la calma che mostrava nei movimenti.
Paride posizionò il 78 giri sul grammofono, posò la puntina e attese a occhi chiusi che la musica invadesse la stanza. Il languido suono del violino si diffuse, catturando la sensibilità dei due giovani ascoltatori. Dopo le prime note entrambi vennero rapiti da un’estasi che, come aveva detto Paride, li librava nello spazio, quasi veleggiando senza peso.
Gianni fu folgorato da quei suoni, fu incantato, fu invaso, fu travolto dalla musica.
Non ricordava di avere mai sentito nulla di così suadente, penetrante, ipnotizzante. Lasciò che la mente si librasse in alto, verso spazi inusitati. Non badò quando Paride, trasognato, gli si inginocchiò davanti, gli prese la mano, gliela strinse e, con la testa sulle sue ginocchia, bisbigliò: «Perdonami!»
Il suono del violino impregnò la stanza; avvolse persone e oggetti come un profumo capace di annichilire i sensi, lasciando solo attivo l’udito, in presa diretta con l’animo inebriato dei due ragazzi.
Quando il brano finì e le ultime note restarono a ondeggiare nell’aria come piume nel vento, Gianni si riscosse, si alzò stordito e sentì un timore indefinibile invadergli l’anima. Accennò un saluto sbrigativo e lasciò correndo la casa di Paride, come in fuga da qualcosa che lo spaventava e a cui non sapeva dare un nome.
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